Introduzione al Cioccolato di Qualità
Oltre ad essere una dietista e una salutista, sono anche appassionata di tutto quello che è gastronomia di alta qualità. Questo articolo si propone di guidare il lettore nella comprensione dei fattori che determinano la qualità del cioccolato, con un focus particolare sulla coltivazione e la lavorazione delle fave di cacao, prendendo ad esempio l'approccio di Domori, azienda italiana all'avanguardia nella produzione di cioccolato di alta gamma.
I Fattori Determinanti della Qualità del Cioccolato
La qualità di una tavoletta di cioccolato è influenzata da diversi fattori, che possono essere così ripartiti:
- Varietà di cacao (50%): La genetica della pianta e la sua purezza sono fondamentali per definire il profilo aromatico del cioccolato.
- Coltivazione (25%): Le pratiche agricole, il terroir e la cura delle piante incidono significativamente sullo sviluppo degli aromi nelle fave.
- Processo di lavorazione (25%): Le fasi di fermentazione, essiccazione, tostatura e concaggio sono cruciali per esaltare le qualità del cacao e trasformarlo in cioccolato.
Le Varietà di Cacao: Un Mondo di Sapori
La Classificazione Tradizionale: Criollo, Forastero e Trinitario
Secondo una diffusa opinione, esisterebbero tre principali varietà di cacao: Criollo, Forastero e Trinitario.
- Criollo: Considerato il cacao di qualità superiore, possiede ottime qualità organolettiche, ma ha una resa piuttosto bassa ed è più difficile da coltivare perché più delicato e facilmente attaccabile dai parassiti.
- Forastero: Al contrario, ha una buona resa, maggiore resistenza, ma fornisce un cacao di bassa qualità, con amarezza, astringenza e acidità piuttosto marcate. Non sorprende dunque che la produzione mondiale di cacao sia coperta per il 90% dal Forastero, e solo per il 2-4% dal Criollo, nettamente più costoso. Quando si dice che “il cioccolato fondente è amaro” si sbaglia: il Forastero, ossia la verità meno pregiata, è amaro.
- Trinitario: La restante quota della produzione totale di cacao, circa il 6-8%, è occupata dal Trinitario, che è un ibrido tra Forastero e Criollo, e viene considerato un cacao di alta qualità, sebbene mediamente inferiore al Criollo.
A complicare la faccenda delle tre varietà principali di cacao, vi è il fatto che raramente le piante e i frutti del cacao appartengono al 100%, dal punto di vista genetico, ad una singola varietà: esse tendono ad incrociarsi liberamente (anche perché molte piante sono autoincompatibili, necessitano cioè di un altro tipo di pianta per essere impollinate), mescolando i loro patrimoni genetici, e dando vita a moltissime varietà di piante di cacao (se ne contano fino a 12000), ciascuna con caratteristiche proprie, con geni dell’una e dell’altra varietà. Così, i semi di un frutto di cacao potrebbero essere Criollo per il 90% del loro patrimonio genetico, e Forastero o Trinitario per il restante 10%.
La Classificazione Genetica Moderna
Negli ultimi 10 anni, importanti studi di genetica condotti dal ricercatore Juan C. Motamayor e dalla sua équipe, dimostrerebbero l’infondatezza di questa tripartizione delle varietà di cacao, perché si è riscontrato che alcune varietà di Criollo antico sono geneticamente più simili ad alcuni tipi di Forastero, di quanto questi ultimi lo siano ad altri Forastero. In altre parole, la distinzione tra Criollo e Forastero non avrebbe una solida base genetica, ma deriverebbe dal modo in cui storicamente i coltivatori di cacao venezuelani definivano il cacao locale (Criollo) in contrapposizione a quello proveniente da altri paesi (Forastero, che infatti significa ‘straniero’).
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Per ovviare a questa confusione, nel 2008 Motamayor e colleghi hanno proposto una classificazione molto più precisa delle piante di cacao sulla base della loro somiglianza genetica, determinandone dieci varietà: Marañon, Curaray, Criollo, Iquitos, Nanay, Contamana, Amelonado, Purús, Nacional e Guiana.
L'Impegno di Domori per il Criollo
Domori si distingue per il suo impegno nella coltivazione e lavorazione del cacao Criollo, la varietà più rara e pregiata al mondo. Gianluca Franzoni, fondatore dell'azienda, scoprì questa varietà nel 1993 in Venezuela e si impegnò a recuperarla e valorizzarla. Oggi, Domori possiede l'Hacienda San Josè in Venezuela, una piantagione di 185 ettari dedicata esclusivamente al Criollo, dove vengono coltivate diverse varietà di questa specie, salvandola dall'estinzione.
Coltivazione e Lavorazione: Le Fasi Chiave
La Fermentazione: Lo Sviluppo degli Aromi
I semi di cacao, dopo essere stati prelevati dalle cabosse (così sono chiamati i frutti dell’albero di cacao), vengono trasportati in centri di raccolta e posti in casse di legno dove avviene il processo di fermentazione. Questo processo, innescato dai lieviti e dai batteri presenti nella polpa bianca che circonda le fave fresche, provoca una trasformazione biochimica dei semi mediante la quale si sviluppano alcuni degli aromi e dei precursori degli aromi del cacao (sono detti precursori perché verranno trasformati in aromi solo nella successiva fase di tostatura).
Con la fermentazione, che dura da un minimo di 2-3 giorni ad un massimo di 7-8 giorni, i semi di cacao, che al momento della raccolta sono praticamente insapori, cominciano a sviluppare molte delle 400 sostanze chimiche presenti nel prodotto finale e responsabili della complessità dell’aroma del cioccolato: è quindi importante che tale fase sia effettuata in maniera ottimale, altrimenti il cacao non esprimerà tutto il suo potenziale aromatico. Una fermentazione troppo prolungata rischierebbe di distruggere le componenti migliori e più delicate del gusto del cacao, nonché di renderlo troppo acido; d’altra parte, una fermentazione frettolosa potrebbe non svilupparne appieno gli aromi, e lasciarlo troppo amaro. In generale, comunque, i cacao migliori richiedono tempi di fermentazione minori, perché sviluppano più velocemente gli aromi.
L'Essiccazione: Preservare la Qualità
Dopo la fermentazione, le fave vengono stese su telai di legno all’aperto per farle essiccare. Ciò è fondamentale per diversi motivi: arresta il processo di fermentazione, che altrimenti proseguirebbe per troppo tempo, e riduce l’umidità e l’acidità dei semi, che devono essere il più basse possibile nel prodotto finale. Anche in questo caso, un’essiccazione non ottimale influirebbe negativamente sull’aroma finale della nostra tavoletta di cioccolato.
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Il Controllo della Filiera: Un Impegno Fondamentale
Da quanto detto finora, risulta evidente l’importanza che il controllo di tutta la filiera produttiva riveste per le aziende e i laboratori che producono cioccolato: molto spesso, infatti, i coltivatori dei paesi tropicali sono i primi a non avere le conoscenze e le competenze necessarie per far sì che ogni fase della coltivazione venga svolta in modo ottimale (e del resto a volte il loro interesse è di raccogliere e di vendere il più presto possibile il cacao, e ciò a scapito della sua qualità). I cioccolatieri possono assicurarsi tale controllo o diventando direttamente proprietari di piantagioni (come fanno Domori, Valrhona, Claudio Corallo, Pralus), oppure inviando del personale che controlli in loco che tutto venga effettuato in modo adeguato.
La Tostatura: Rivelare gli Aromi
A questo punto le nostre fave sono pronte per essere lavorate: dopo essere state pulite, inizia una fase cruciale, quella della tostatura, mediante la quale i semi di cacao vengono portati ad una temperatura che può variare tra i 120 e i 180°C, per un tempo oscillante tra i 15 e i 60 minuti. In questa fase i precursori degli aromi sviluppatisi durante la fermentazione si trasformano in nuovi composti aromatici, e gli aromi già presenti vengono amplificati; si tratta perciò di una fase molto delicata: una tostatura eccessiva priverebbe il cacao dei suoi aromi più fini e delicati, conferendogli un sentore di bruciato, mentre una tostatura insufficiente non ne svilupperebbe appieno il bouquet aromatico, che risulterebbe piuttosto piatto (questo è un problema che hanno talvolta le tavolette raw o crude, oggi di gran moda, che vengono tostate a temperature inferiori ai 70°C; l’unica tavoletta raw che ho trovato fenomenale è quella venezuelana del cioccolatiere Guido Castagna). Anche in questo caso, cacao migliori richiedono tempi e temperature di tostatura inferiori per sviluppare gli aromi, e ciò a beneficio di una maggiore ricchezza aromatica.
La tostatura ha anche altri effetti sulle fave di cacao: ne provoca la sterilizzazione, ne riduce ulteriormente l’umidità e rende friabile la cascara, cioè la pellicola esterna della fava. Infatti, dopo la tostatura, le fave vengono decorticate, cioè private della cascara, e poi macinate, ossia ridotte ad una pasta grossolana tramite pesanti ruote in granito che stritolano la granella all’interno di una vasca. Con la macinatura il cioccolato fonde per la prima volta e si ottiene così uno degli ingredienti indicato sull’incarto della tavoletta: la pasta o massa di cacao.
Il Concaggio: Vellutare il Cioccolato
Il passo successivo è di importanza decisiva: si tratta del concaggio. Come dice il nome stesso, l’impasto di cioccolato, mantenuto liquido ad una temperatura di 50-80°C, viene posto all’interno di una conca dove un rullo mosso da un braccio meccanico mescola continuamente il cioccolato per un tempo fino a 72 ore. In questo modo ne riduce ulteriormente la granulometria, conferendo al cioccolato quella paradisiaca consistenza morbida e vellutata a cui siamo abituati. Oltre a questo, il concaggio permette di ridurre l’acidità e l’umidità del cioccolato, di arricchirne gli aromi e di amalgamare gli ingredienti non ancora aggiunti all’impasto (lecitina, vaniglia, zucchero).
Il concaggio può essere effettuato anche con un mulino a biglie, composto da un contenitore dentro cui numerose biglie d’acciaio vengono fatte collidere ad altissima velocità, amalgamando l’impasto di cioccolato presente anch’esso all’interno del contenitore. Questo sistema, utilizzato per esempio da Domori, permette di concare a temperature inferiori e per minor tempo (Domori conca a 50°C per 8 ore), e facilita la preservazione degli aromi del cacao, ma ha un difetto: secondo alcuni esperti non riuscirebbe infatti a ridurre l’acidità con la stessa efficacia delle conche tradizionali; va detto comunque che un cacao di ottima qualità ha già di per sé un’acidità piuttosto bassa.
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Il Temperaggio: Stabilizzare il Cioccolato
Terminato il concaggio, il cioccolato viene sottoposto al temperaggio, per renderlo lucido, omogeneo, uniforme, senza grumi né chiazze.
Conservazione del Cioccolato: Un Aspetto Cruciale
A questo punto potrebbero essere utili alcune considerazioni sulle modalità di conservazione del cioccolato, che se errate potrebbero inficiare l’integrità della tavoletta. L’ambiente deputato ad ospitare il nostro prezioso alimento dovrebbe avere una temperatura tra i 13 e i 18° C, con un’umidità non superiore al 60%. Inoltre, poiché il burro di cacao è un forte assorbente di odori, vanno evitati tutti i luoghi in cui il cioccolato può entrare in contatto con esalazioni provenienti da altre sostanze: sono sconsigliabili quindi sia il frigorifero, che inoltre ha una temperatura troppo bassa ed è umido, sia la dispensa della cucina.
Domori: Un Modello di Eccellenza
Domori rappresenta un esempio virtuoso di come la passione per il cacao, la cura nella coltivazione e la sapienza nella lavorazione possano dare vita a un cioccolato di qualità superiore. L'azienda ha saputo valorizzare la biodiversità del cacao Criollo, recuperando varietà rare e creando un prodotto unico al mondo.
Visitare Domori significa capire la differenza sostanziale tra un cioccolato lavorato secondo un modello di purezza e gli altri. Non foss’altro che per il Criollo, il cacao più raro del mondo (40 tonnellate in tutto, rispetto all’intera produzione di cacao che ammonta, a livello internazionale, a circa 420 milioni di tonnellate) è, per il 50%, lavorato da Domori.